Il 40° dell’Alfasud a Pomigliano d’Arco

Sabato cinque maggio 2012, Pomigliano d’Arco si colorò nuovamente di Alfasud: blu Posillipo, bianco Capodimonte, bruno Cilento, rosso Alfa, verde Ischia, beige Ponza, grigio Vesuvio, bleu Procida, verde Matese, grigio Somma, corallo Torre del Geco, giallo Pozzuoli, giallo Pompei, arancio Capua ……..

L’appuntamento, che richiamò appassionati da ogni parte d’Italia, era dovuto al 40° della piccola Alfa a trazione anteriore e motore boxer. L’organizzazione fu a cura del Club toscano “Alfissima”.

Risultò un grande evento per tutta una serie di fattori che riuscirono a creare una indimenticabile emozione, ancora oggi viva in chi ebbe la possibilità di prendervi parte. In particolare avemmo l’occasione di accedere sulla pista di prova al volante delle nostre Alfasud. Quel tracciato reso insidioso da una serie di prove (di collaudo) aveva tenuto a battesimo tutte le Alfasud prodotte, le stesse automobili che poi avrebbero calcato le strade nazionali ed internazionali. Quel sabato le Alfasud, su quel tracciato storico furono guidate da noi appassionati e non dai Collaudatori.

L’evento mi fu presentato da Filippo Di Ninno di Lacedonia (con il quale condivido la passione per le Alfasud e più in generale per le Alfa) che partecipò con la sua Alfasud 1.2 blu Posillipo del 1980. Quando ci incontrammo ad Avellino, per poi raggiungere gli stabilimenti di Pomigliano, si aggiunsero alle mie Alfasud (una prima serie dell’ottobre del 1972 bianco Capodimonte e una 1,3 Super del 1978 blu Posillipo) anche l’Alfasud 1,2 Super bruno Cilento di Gilberto Zezza (vettura apparsa sul numero di Marzo 2008 di Ruoteclassiche) proveniente da Brindisi. Della comitiva faceva parte anche il foggiano Cristian D’Emilio, che si mise al volante della mia 1,3 Super. Decidemmo, per mano di Franco Di Ninno (papà di Filippo), di portare anche la mia Arna SL, Verde Petrolio. Quindi, da Avellino partì una carovana di quatto Alfasud e un’Arna.

Arrivati a Pomigliano entrammo dalla porta principale dello stabilimento “Giambattista Vico”, muovendoci poi nel perimetro dei nuovi e vecchi stabilimenti (allora era ancora possibile), la base logistica dell’evento era la terrazza all’ingresso del grattacielo ancora simbolo di un’epoca di grandi scelte per il mercato nazionale dell’automobile.

Alfissima aveva predisposto, per tutta la superficie della terrazza, un grande telo che riproponeva il logo Alfa Romeo, proprio quel telo ci rese uniti nella passione, molti di noi si vedevano per la prima volta, ma era come se ci conoscevamo da tempo, tutto ruotava intorno alla comune passione per le Automobili di Pomigliano.

In quella occasione, la storia non era rappresentata solo dalle nostre automobili e dai luoghi, ma anche dalla presenza delle maestranze, quelle della prima ora degli stabilimenti voluti e organizzati da Giuseppe Luraghi.

In questo contesto le nostre Alfasud sembravano sornione e allo stesso tempo sbarazzine, felici di essere ritornate nei luoghi d’origine, una scommessa vinta nei confronti di quella stampa che li aveva fortemente criticate sin da prima del loro debutto.

Dopo aver predisposto le nostre auto sul telo e aver fatto le foto di rito ci allineammo nelle stradine del nuovo stabilimento (dove veniva prodotta la Panda) per poi entrare in pista: riportavo la mia Alfasud bianco Capodimonte su quella pista dopo quarant’anni.

Su quel tracciato c’era (e c’è ancora oggi) una parabolica, era la prova più difficile e più attesa da tutti noi. In molti eravamo convinti che avremmo fatto un solo giro sulla pista e quindi da subito iniziai a girare sull’anello più alto della parabolica. La difficoltà stava nell’avere un’adeguata velocità tenendo conto delle distanze dall’auto che mi precedeva e da quella che mi seguiva subito dopo.

Nella sequenza delle avventure fatte con le mie Alfasud (anche con un’Alfasud 1500 ti Quadrifoglio Verde 105 cv del 1983) questa esperienza resta la più importante, quella che mi fece capire la reale essenza di questa formidabile Alfa Romeo nata al Sud. Quella parabolica e le successive prove presenti ci svelarono le giuste pretese che l’Alfasud vantava ai suoi tempi,  pretese ancora oggi espresse dalle vetture da noi conservate.

Fra le maestranze presenti il collaudatore Luigi Colombrini, per noi testimone dell’attività svolta dall’’Alfa Romeo negli anni dell’Alfasud fino a quelli dell’Alfa 33 e dell’Arna. Ebbi il privilegio di fare un giro con lui sul circuito mentre era al volante della mia Alfasud bianco Capodimonte, volle anche vedere l’Arna, e mi raccontò di quando, prima del lancio commerciale, la collaudava per la messa a punto, presso gli stabilimenti Spica di Livorno (ma questa sarà altra storia). A fine giornata le nostre Alfasud ci accompagnarono ancora una volta a casa, ritornando nei propri garage dove oggi vengono gelosamente custodite.


Eugenio Avitabile

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